Egea

Nel suo nuovo saggio, il demografo Francesco Billari osserva l’orizzonte del Paese attraverso le lenti della sua scienza, condividendo politiche e proposte per invertire le rotte della crisi su diversi fronti: una scuola realmente inclusiva, un welfare più attento ai bisogni delle famiglie, una politica abitativa che aiuti i più giovani e una migliore gestione (e integrazione) dei flussi migratori



Sentiamo parlare così spesso di inverno demografico e fuga di cervelli che ormai anche i più ottimisti sembrano essersi rassegnati: fra qualche decennio l’Italia sarà un Paese in cui gli over 65 rappresenteranno circa un terzo di una popolazione in declino. Lasciate ogni speranza voi che restate, insomma? Non proprio: se i numeri non mentono, è anche vero che hanno molto altro da dire. Perché la demografia non è destino, ma una scienza che ci permette di leggere i grandi cambiamenti del mondo che ci circonda e soprattutto di agire per governarli. Francesco Billari ce lo ricorda nel suo nuovo saggio, “Domani è oggi – Costruire il futuro con le lenti della demografia”, edito da Egea e da pochi giorni in libreria.


Rettore dell’Università Bocconi di Milano, dove insegna Demografia, Billari è tornato in Italia dopo aver lavorato, tra l’altro, all’Università di Oxford, dirigendone il Dipartimento di Sociologia, al Nuffield College e al Max Planck Institute for Demographic Research. Nel libro ci invita a osservare i possibili scenari di domani usando un approccio demografico, adatto a capire quanto le decisioni – in ambito politico, economico e sociale – di oggi possano influenzare il futuro del nostro Paese (e delle nostre vite quotidiane). Un viaggio che parte da… ieri e dai progressi della “transizione demografica”: il grande passaggio da un mondo povero, con alti tassi di mortalità e natalità, a un mondo più ricco, con bassi tassi di mortalità e natalità.
 


Prima della transizione demografica per la gran parte della popolazione non aveva senso pianificare il futuro: ieri, il domani non era oggi.



In questo contesto globale, sono numerosi i Paesi che si trovano in una situazione di bassa fecondità e alta longevità, in cui ad aumentare è soprattutto la quota di popolazione in età elevate: la temibile “bomba demografica”, insomma, è stata disinnescata. Tuttavia nel global ageing l’Italia invecchia a ritmi da record. La nostra quota di over 65, al 24%, è la terza più alta del mondo, dietro il Principato di Monaco (36%) e il Giappone (30%) – e svettiamo anche nella classifica dei Paesi con il più basso numero di figli per coppia (1,24). Tanto che la consueta “piramide demografica” – che un tempo vedeva alla base del grafico un ampio numero di giovani e in cima un sempre più ristretto nucleo di anziani – si sta trasformando nella sagoma di una “nave”, in cui a estendersi maggiormente sono gli strati mediani della popolazione (in particolare, quelli tra i 40 e i 64 anni). Se il trend attuale continuasse, nel 2080 la popolazione complessiva dovrebbe ammontare a poco meno di 46 milioni di abitanti. Numeri impressionanti, che tuttavia non devono stupire in un Paese restio a pensare alle giovani generazioni e di conseguenza a valorizzarle.


La buona notizia è che i trend demografici non sono ineluttabili. Nel saggio, Billari racconta di come, nel corso della storia, diversi Paesi – dalla Francia alla Svezia, dalla Germania alla Corea del Sud – abbiano dovuto affrontare prospettive simili alle nostre e siano riusciti a invertire la rotta della loro “nave”. Cambiare si può, insomma, a condizione di individuare i punti nevralgici su cui lavorare.


La diagnosi di Billari – basata su un’ampia mole di dati – mostra che la nave italiana richiede urgenti interventi di cambiamento strutturale, vere e proprie riforme, in almeno tre ambiti: la scuola; l’autonomia residenziale degli studenti universitari e dei giovani in generale; l’immigrazione e l’integrazione nel Paese delle prime e seconde generazioni. Anche in altri campi la rotta necessita di correzioni importanti: natalità e famiglia, università, mercato del lavoro, digitalizzazione e formazione degli adulti, salute, cambiamento climatico.


Si tratta di riforme il cui effetto di lungo periodo andrà ben oltre l’orizzonte di un governo”, spiega l’autore, “anche per questo sono difficili, e necessitano di politici lungimiranti e di accordi ampi. Se pensiamo che sia impossibile oggi fare riforme importanti, guardiamo a ieri. Le abbiamo fatte anche su questi temi”.


Da un’istruzione realmente inclusiva – con obbligo scolastico fino a 18 anni e spostamento in avanti dell’età di scelta verso una traiettoria accademica – al superamento dell’attuale legislazione dell’immigrazione – con percorsi di formazione e integrazione e l’apertura di canali di ingresso regolari per studenti, lavoratori e famiglie – passando per l’utilizzo di risorse pubbliche e private per sostenere l’autonomia abitativa dei giovani, Billari condivide idee, politiche e proposte per affrontare sfide che possono trasformarsi in opportunità. A condizione di riuscire a guardare lontano, anche al di là della “permaemergenza” odierna.


Per diagnosi e soluzioni”, conclude l’autore, “abbiamo bisogno di usare l’occhio che guarda all’oggi, anche per generare consenso, mettendo in rete evidenze, competenze e migliori pratiche. Abbiamo altresì la fondamentale necessità di usare l’occhio che guarda al domani, per esaminare la plausibilità e la desiderabilità delle traiettorie che stiamo imboccando. Dobbiamo valutare una molteplicità di domani, pensando a quanto potrebbe accadere tra uno, cinque, dieci, a volte venti o quarant’anni. Lo possiamo fare, appunto, attraverso le lenti demografiche”.
 
La nave della popolazione italiana continua a progredire, ma ha fondamentale bisogno di correzioni di rotta che porteranno, domani, a un porto migliore”.
 



Acquista il libro