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Dal ruolo del QI e della personalità fino ai concetti di resistenza ed effetto moltiplicativo del talento: Il noto economista Tyler Cowen e il venture capitalist Daniel Gross ci spiegano perché valorizzare il potenziale delle persone sia un’arte che può essere studiata e portata ai massimi livelli

 

Il talento è una questione di intelligenza o di personalità? Perché alcuni individui particolarmente dotati riescono a emergere e altri no? Come valorizzare le potenzialità delle minoranze? Quanto conta il contesto in cui agiamo? Fino a che punto è possibile prevedere la creatività umana? E, riavvolgendo il nastro, quali sono le migliori domande da porre durante un colloquio per conoscere davvero chi abbiamo davanti? E quali le risposte con cui cercare di fare comprendere le nostre qualità?

Che si tratti di lavoro o di pura passione, Tyler Cowen e Daniel Gross dedicano molto tempo alla ricerca di persone con caratteristiche fuori dall’ordinario, in grado di trasformare (o, perché no, di creare) un’organizzazione e rendere migliori tutti coloro che le circondano. Per questo, gli interrogativi di cui sopra sono solo una piccolissima parte di quelli su cui gli autori si sono scervellati, cercando di rispondervi attraverso un’indagine tanto scientifica quanto curiosa che mira ad andare oltre una delle etichette più abusate del nostro tempo. Quella di “Talento”, appunto, parola da cui prendono il largo le riflessioni e le ricerche che animano il libro edito in Italia da Egea.

Il noto economista e il giovane prodigio del venture capital e del mondo startup partono dalla propria esperienza come “selezionatori” di candidati, condividendo con i lettori consigli pratici su come andare al di là dei cliché di cui sono infarciti i colloqui tradizionalmente strutturati. La loro domanda preferita per rompere gli schemi – “Quali finestre tieni aperte sul tuo browser in questo momento?” – è un manifesto perfetto del tentativo di superare i filtri e le barriere precostituite per conoscere qualcosa di “vero” del soggetto di fronte a noi (o di noi stessi): le abitudini intellettuali, le curiosità e il modo in cui viene utilizzato il proprio tempo libero. Tutti elementi importanti quando si tratta di scavare un po’ più a fondo nella mente e nel carattere di una persona.

Perché quando si cerca il talento, ormai è noto, l’intelligenza non basta. Cowen e Gross si soffermano su numerosi studi scientifici condotti in epoche e Paesi diversi ma che giungono a conclusioni simili: non sono i punteggi di QI a fare la differenza più marcata durante una carriera lavorativa. E questo vale sempre di più mano a mano che l’intelligenza “misurabile” cresce. È a quel punto, infatti, che diventano decisivi altri fattori. La personalità, ad esempio, ma soprattutto quella che gli autori chiamano “resistenza”. Una capacità che sembra spingersi al di là della determinazione: una perseveranza nello sforzo definibile come “una coscienziosità orientata a quel tipo di prassi focalizzata, e dunque di «apprendimento composto», che moltiplica e potenzia l’intelligenza applicata al lavoro”.

Probabilmente”, riflettono gli autori, “per molti supertalenti vale il cosiddetto modello moltiplicativo del successo, in base al quale il successo richiede una combinazione piuttosto stretta di caratteristiche diverse: le variabili che segnalano la presenza particolarmente marcata di determinate caratteristiche si rafforzano in qualche modo a vicenda, generando un potente effetto complessivo. Per arrivare ai massimi livelli come compositore di musica classica, per esempio, probabilmente servirà una miscela di abitudini lavorative, genio musicale, abilità pianistica, abilità orchestrale, tenacia e, infine, provenienza da un importante centro musicale mitteleuropeo. Se tutte queste caratteristiche sono presenti, è possibile che producano un risultato straordinario, magari un Mozart o un Beethoven. Ma se manca anche solo uno di quei tratti, il successo non arriverà. Il genio musicale, senza (per esempio) le giuste abitudini lavorative, rischia di produrre un brillante improvvisatore che non prenderà mai carta e penna per comporre una sinfonia che lasci davvero il segno”.

Ma il saggio di Cowen e Gross non si concentra soltanto sulla ricerca dei talenti fuori dal comune. Il libro spiega anche come valorizzare al meglio le qualità di ognuno a seconda dell’ambiente, organizzando e gestendo il talento all’interno di un gruppo. E, soprattutto, suggerisce come individuare e portare alla luce i talenti di coloro che – per un motivo o per l’altro – ancora faticano più del dovuto ad affermarsi sul mercato del lavoro. Le donne, innanzitutto, che soffrono di pregiudizi dovuti al confronto con un ambiente tuttora troppo spesso a guida maschile. Ma anche le minoranze etniche (con criticità diverse a seconda dei singoli Paesi) e le persone con disabilità. Che – come sempre più studi scientifici dimostrano – possiedono una o più marce in più rispetto alla media, veri e propri talenti che non aspettano tanto di essere scoperti, quanto riconosciuti.

Meglio non perdere tempo, insomma. Che siate alla ricerca del talento o che desideriate di essere cercati, trovati e scoperti, esistono molte informazioni, evidenze scientifiche e buone prassi che possono aiutarvi a centrare l’obiettivo che state inseguendo.
 



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