Egea
Stati Uniti d'Europa

 

Nel suo nuovo libro, Gianluca Passarelli analizza – senza apologia né retorica – i problemi, le prospettive e le azioni da intraprendere per giungere agli Stati Uniti d’Europa. Un progetto, e un sogno, che viene da lontano e che oggi si trova di fronte a uno snodo decisivo tra crisi internazionale, riforme dei trattati e allargamento a nuovi Paesi 
 

Progetto e ideale, speranza e (per alcuni) pericolo, opera di costruzione e sfida: l’Unione Europea è stata, ed è tuttora, tante cose. Ma è soprattutto un caso unico nella storia, con Stati che decidono liberamente di concedere sovranità a un soggetto politico e condividere materie di governo per secoli appannaggio nazionale. Nell’anno delle elezioni europee, Gianluca Passarelli – docente di Scienza politica alla Sapienza Università di Roma – adotta un approccio insieme storico, culturale e politologico per narrarne le accidentate vicende in un nuovo libro in cui, senza apologia né retorica, analizza i problemi, le prospettive e le azioni da intraprendere per giungere finalmente agli “Stati Uniti d’Europa”.

Le organizzazioni che si sono susseguite per costruire l’Unione nacquero dalle ceneri della Seconda guerra mondiale per rispondere ai propri demoni e alla barbarie. Quello slancio ideale, culturale, politico è stato prima immaginato e declinato in tre aspetti interconnessi – il rifiuto della guerra, della privazione – e poi reso concreto da uomini e donne come Altiero Spinelli, Simone Veil, Jean Monnet, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi.

Un percorso – le cui radici affondano ai tempi dell’Illuminismo – iniziato nel 1951 con il Trattato di Parigi e la costituzione della Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) e arrivato fino ai giorni nostri passando per gli accordi di Roma, Maastricht e Lisbona (solo per citarne alcuni), che hanno progressivamente esteso il perimetro dell’Unione non solo dal punto di vista degli stati aderenti (da 6 a 27) ma anche delle materie gestite in maniera coordinata e condivisa. Le tappe verso l’Unione europea sono state molte e l’impianto teorico su cui si sono basate ha fatto perno su diversi approcci: da un lato le teorie federaliste, dall’altro una spinta alla cooperazione fra Stati europei proveniente dal contributo funzionalista.

L’approccio funzionalista prevede che il processo di integrazione si rafforzi qualora gli Stati mettano in comune risorse e condividano azioni e politiche. I mutui vantaggi percepiti ed effettivi producono consenso, rafforzano i legami e consolidano il percorso di cooperazione. “Splendido grimaldello” per scardinare le porte nazionali(ste), l’approccio funzionalista ha ceduto il passo a quello federalista, fondato sulla richiesta di politiche sovranazionali per una compiuta unione politica, che non può prescindere da una cessione di sovranità da parte dei singoli Stati alla nuova struttura. Con l’obiettivo di ottenere maggiore prosperità economica e un livello superiore di sicurezza militare, geopolitica e in termini di diritti. Unirsi, insomma, per costruire il benessere e la pace, secondo lo spirito del Manifesto di Ventotene.

Il futuro di questo sogno, ora, è nelle nostre mani. Nel libro, Passarelli non si limita a ripercorrere la storia dell’Unione, a rivelarne lo spirito e a illustrarne il funzionamento in modo chiaro e comprensibile a tutti. Ma analizza anche le principali sfide che l’Europa si trova di fronte: la crisi economica, le disuguaglianze tra paesi membri, l’ombra della guerra, la minaccia del nazionalismo e del populismo, l’enigma di una politica estera e di difesa ancora troppo sbilanciate sugli Stati ed esposte alle decisioni di Nato e Stati Uniti d’America. E ancora le tensioni economiche tra Nord e Sud, e quelle politiche tra euroscettici e sostenitori di una maggiore integrazione.

“L’Europa”, scrive Passarelli, “ha delle fratture sociali, dei cleavages identitari che risalgono alla nascita dei singoli Stati-nazioni, a sedimentazioni storiche, politiche, culturali e che difficilmente possono essere superate solo con l’afflato europeista/federalista. Per il raggiungimento del quale è indispensabile apportare delle modifiche, delle riforme che tengano conto dell’Europa plurale”.

La visione a cui tendere, secondo l’autore, è quella di “un’Unione che sia unita e comune soprattutto circa la democrazia, sua vera forza d’«identità». Un po’ come avviene per gli Stati Uniti d’America, che hanno consentito a molte diversità (territoriali, religiose, economiche) di rimanere insieme democraticamente”.

La differenziazione asimmetrica sul piano territoriale e demografico, quindi, dovrebbe portare a una governance non gerarchica e non egemonica, ma su pesi e contrappesi come nel contesto statunitense.

“Si tratta di tematiche non eludibili che dovranno essere sviluppate a approfondite per far prevalere un vero pensiero di scelte radicali in chiave di sistema sovranazionale e federalista”, conclude Passarelli. “L’afflato federalista deve tenere conto della complessità delle questioni da dirimere, del conflitto latente e potenziale, ma anche di quello palese che affiora regolarmente tra opzioni diverse, tra un approccio intergovernativo e uno sovranazionale, spesso descritto acriticamente come utopista.
I riformatori, coloro che puntano a far procedere le istituzioni europee verso un reale sistema sovranazionale, dovranno avere l’ambizione, il coraggio e l’intelligenza di sganciare la gestione del consenso all’interno dei singoli Paesi dall’agenda sul governo dei temi europei”.



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