Egea

 

Dall’Internet of Things all’Intelligence of Things: con la rivoluzione digitale il nostro rapporto con le “cose” che ci circondano è cambiato. Marco Santarelli esplora il lato oscuro della realtà iperconnessa, spiegandoci come i servizi di sicurezza si stiano approcciando alle nuove tecnologie con uno sguardo diverso. E come le persone comuni possano difendersi da esse
 


Frigoriferi che fanno la spesa al nostro posto, auto che guidano mentre leggiamo un libro, software che lavorano per noi. Ma anche televisori che ascoltano le nostre conversazioni, algoritmi che profilano i nostri gusti, spyware pronti a intrufolarsi nei nostri smartphone per sottrarre i nostri dati. La trasformazione digitale sta cambiando il nostro rapporto con il mondo: le “cose” diventano sempre più intelligenti, portandoci in dote una vita più comoda e infinite opportunità ma anche rischi sempre nuovi. E la possibilità di controllarli, certo, seppur a condizione di sacrificare, strada facendo, la nostra libertà. Siamo davvero “Sorvegliati e contenti”? In un libro edito da Egea, Marco Santarelli esplora il lato oscuro della realtà iperconnessa, spiegando non solo come i servizi di intelligence si stiano approcciando alle nuove tecnologie e come le persone comuni possano difendersi da esse, ma anche come la società stia cambiando per questo.

La digital transformation ha fatto sì che ogni rapporto che abbiamo con il mondo si sia “deterritorializzato” e abbia perso i propri confini. La cultura del digitale non è più un luogo riservato, ma si apre a tutti ed è diventato un fatto collettivo in cui la nostra vita, il rapporto con gli oggetti e con gli altri (tramite la rete) cambiano radicalmente. Oggi gli imprevisti possono avere non solo origini umane, ma anche innescate da algoritmi o meccanismi subdoli. Le tecnologie informatiche emergenti – come l’intelligenza artificiale – estendono la portata delle minacce alla nostra sicurezza.

Gli Stati e i Servizi segreti (l’Intelligence o Servizi informativi) sono alle prese con le fasi iniziali di questa rivoluzione e dalle cose che ci circondano, evolutesi al punto tale da trasformarsi in potenziali porte per attacchi cyber, terroristici o criminali. Da una semplice bottiglietta d’acqua, attraverso un QR code, riusciamo a risalire non solo alla sua storia, ma a dove si sposta, come lo fa e perché. Si entra nelle case attraverso un frigorifero smart o una lavatrice, si raccolgono  dati personali grazie al sistema Bluetooth delle nostre auto e così via. Oggetti che fino a ieri erano più che altro status symbol, oggi rappresentano soprattutto un sistema di relazione con il nostro stato più profondo, le nostre abitudini e quotidianità. Ed è proprio tramite l’intrecciarsi di innumerevoli relazioni e connessioni che ormai passa la possibilità di comprendere il mondo.

L’Internet of Things, insomma, si sta trasformando nell’Intelligence of Things. Se il primo indica l’insieme di dispositivi interconnessi e collegati a Internet che raccolgono e trasferiscono dati attraverso la rete e senza l’intervento umano, il secondo studia le opportunità digitali, ma anche le loro vulnerabilità e i loro pericoli, partendo dalle interazioni che le cose generano tra di loro e con le persone, creando nuovi sistemi sociali che devono e tendono a proteggere le persone e lo Stato stesso. Per questi motivi, il termine intelligence non va tradotto in intelligenza, ma va inteso come funzione, profonda responsabilità e cambiamento del concetto di sicurezza.

Docente di Sicurezza delle informazioni, reti informative e intelligence, Santarelli analizza nel libro le implicazioni di questo cambio di paradigma dai due punti di vista principali.

Quello dell’intelligence, chiamata a comprendere a fondo le nuove tecnologie e a individuare degli schemi all’interno dell’enorme mole di segnali che gli operatori sul campo raccolgono dal traffico della rete globale, integrando reti informative umane e tecnologiche. E quello delle persone, per cui l’arricchimento tecnologico e l’ampliamento dei poteri di quelle “forze” che le dovrebbero proteggere rappresentano sia la garanzia per una maggiore sicurezza sia, purtroppo, un potenziale mezzo per subire una sorveglianza totale. Per cui cercano di capire come queste tecnologie eseguano ricerche su di loro, li spiino, cataloghino i loro dati e li diffondano su portali in cui disinformazione e manipolazione svolgono un ruolo fondamentale.

La convivenza con il nuovo mondo digitale non potrà che passare da una nuova consapevolezza culturale. “Se vogliamo un vero ecosistema digitale”, scrive Santarelli, “bisogna che si attivi un dialogo migliore, più profondo, con più consapevolezza e conoscenza, tra gli attori protagonisti della sicurezza mondiale – l’Intelligence (ovvero i Servizi segreti di ogni paese) e oggi, ancora di più, e per la prima volta nella storia, i cittadini – e gli agenti tecnologici, per ridurre la dispersione dei nostri dati sul web al solo scopo di marketing, controllo e sorveglianza. Al pari, i decisori politici devono avere il coraggio di dialogare tra loro sui tavoli più sensibili, intervenendo prontamente per la sicurezza di tutti. Tutto questo ci deve far capire che togliere il territorio al pensiero critico e alla libertà della persona, rendendo la macchina tecnologica più autonoma possibile, è il vero problema. La macchina, anziché semplificare, complica ogni tipo di approccio e porta alla deriva il potere decisionale che per forza di cose non potrà essere affidato sempre e comunque a un algoritmo”.



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