Egea


 

Attingendo a conversazioni poco conosciute, a lettere pubblicate di recente e a nuove ricerche d'archivio, il neuroscienziato Kieran Fox rivela ciò che Einstein credeva veramente e perché la sua prospettiva sia importante ancora oggi – a 70 anni esatti dalla morte – mentre le tensioni tra grandi potenze aumentano, i venti di guerra soffiano e gli scienziati tornano a fare sentire la propria voce nel dibattito pubblico. 


Carl Jung lo accusò di «idealismo sentimentale con un’illuminazione superficiale». Per il pacifista Romain Rolland, premio Nobel per la letteratura, «il suo genio si limita alla scienza. In altre cose è uno sciocco». Per non parlare dell’efficace sintesi di Robert Oppenheimer: «Einstein è del tutto sciroccato». Anche oggi, a settant’anni esatti dalla morte, Albert Einstein è un enigma. Sebbene tutti lo riconoscano come la quintessenza del genio eccentrico, pochi sanno che il celebre scienziato aveva un profondo lato spirituale. Einstein sentiva che una forza meravigliosa era intessuta ovunque, in tutte le cose, e questo profondo senso del sacro influenzò ogni aspetto della sua esistenza, dalla scienza che rivoluzionò la nostra concezione del cosmo al suo appassionato pacifismo. Alla base dei suoi sforzi volti a unificare la fisica – con una ‘teoria del tutto’ – e unire l’umanità c’era il desiderio di andare oltre ogni apparente dualità e mostrare che ognuno di noi è una parte dell’infinito.

In un libro pubblicato in occasione del settantesimo anniversario della morte del fisico che ha rivoluzionato la nostra concezione del cosmo – il 18 aprile 2025 – il neuroscienziato canadese Kieran Fox ripercorre la genesi della sua etica e della sua visione del mondo. Attingendo a conversazioni poco conosciute, a lettere pubblicate di recente e a nuove ricerche d'archivio, "Sono parte dell'infinito" rivela ciò che Einstein credeva veramente e perché la sua prospettiva sia importante ancora – o soprattutto – oggi, mentre la tensione tra grandi potenze cresce, lo spettro nucleare riemerge dagli abissi della storia e gli scienziati entrano nel dibattito pubblico (e politico) per opporsi alla violenza e ai riarmi.

Medico-scienziato presso l’Università della California – dopo una laurea in Medicina alla Stanford University e un dottorato in neuroscienze cognitive presso la University of British Columbia – Fox ci accompagna nella prima esplorazione approfondita della spiritualità di Einstein, che mostra come il genio abbia attinto a diversi pensatori – da Pitagora a Platone, da Schopenhauer a Spinoza, dal buddismo alle Upanishad, fino al Mahatma Gandhi – per creare un sistema innovativo (vicino al panteismo) in cui il misticismo incontrava la matematica, la realtà era venerata e la mente umana era onorata come specchio dell'infinito.

Albert Einstein era un appassionato seguace di questa scienza sacra”, scrive Fox. “Non solo ha abbracciato questa antica tradizione: l’ha emendata rendendola adatta all’era moderna, articolando un sistema spirituale che onorava le grandi menti dell’antichità senza ignorare gli enormi progressi della nostra epoca. Einstein voleva condividere le idee, dunque ne scrisse in modo divulgativo in alcune delle pubblicazioni più importanti del mondo. Ma nonostante la sua immensa fama e le sue ineguagliabili conquiste intellettuali, in vita il suo lato spirituale fu deriso e frainteso”.

Al momento della sua morte, la biblioteca personale di Einstein ammontava a 2.400 libri. Molto pochi quelli di fisica: la sua vasta collezione era ricca soprattutto di opere di filosofia, letteratura e spiritualità (in particolare orientale). Nelle sue ricerche per la scrittura di “Sono parte dell’infinito”, Fox li ha sfogliati personalmente, cercando tracce che gli permettessero di comprendere un po’ più a fondo il pensiero del genio. Così ha scoperto che l’edizione tedesca del “Tao Te Ching” di Lao Tzu – testo fondamentale del taoismo – è il volume che contiene più segni di tutta la sua biblioteca personale. D’altronde, Einstein aveva una grande ammirazione per «gli antichi saggi cinesi» e sosteneva il loro obiettivo di creare «una comunità di esseri umani liberi e felici che con un costante sforzo interiore cercano di liberarsi».

Liberarsi, sì: ma da cosa? Secondo Einstein, le multiformi leggi della natura fisica e la nostra apparente disunità erano solo una «illusione ottica» causata dai limiti delle nostre menti umane. «Lo sforzo di liberarsi da questa illusione [...] è l’unico tema della vera religione», rifletté. Una visione del mondo che richiedeva non solo nuove credenze, ma «un nuovo modo di pensare» per aiutare la mente umana a «salire a livelli superiori». Non più imprigionata dall’individualità, la coscienza immaginata da Einstein poteva riconoscere di essere «una parte dell’infinito». In questo «sentimento religioso cosmico», la realtà fisica studiata dalla scienza e i regni esplorati dallo spirito erano davvero la stessa cosa. Einstein, d’altronde, era innanzitutto un fisico e la scienza restò sempre il mezzo attraverso il quale cercare di raggiungere la verità.

«Quando l’uomo diventa consapevole delle magnifiche leggi che governano l’universo in perfetta armonia», sentiva, «comincia a rendersi conto di quanto sia piccolo. Vede la meschinità dell’esistenza umana, con le sue ambizioni e i suoi intrighi, il suo credere di essere il migliore. Questo è l’inizio della religione cosmica dentro di lui. L’amicizia e lo spirito di servizio diventano il suo codice morale».

Un sogno impossibile? Forse, ma non per altro sul comodino di Einstein sedeva il “Don Chisciotte” di Cervantes (secondo un suo caro amico, «il libro che gli piaceva di più»). «Riderei anche del folle Don Chisciotte, se non fossi anch’io un po’ come lui», affermava. Ma può un uomo che abbia perso una figlia, sia sfuggito ai nazisti e sia andato a dormire con Cervantes sul suo comodino essere accusato di essere soltanto un ingenuo idealista?

Einstein aveva cinquant’anni quando formulò per la prima volta la sua filosofia religiosa”, spiega Fox. “La religione cosmica non è lo sfogo idealistico di un giovane innocente, ma piuttosto la notevole sintesi di uno spirito irrequieto che ha trascorso decenni a leggere e riflettere, a meditare e a soffrire. Nella sua scienza, nella sua etica e persino nella sua spiritualità, Einstein era donchisciottesco non per natura o ingenuità, ma per la consapevolezza della scelta”.

Non per altro, quando le giovani generazioni gli hanno chiesto consigli, ha mantenuto lo stesso approccio idealistico: «Non si dovrebbero perseguire obiettivi facilmente raggiungibili. Bisogna sviluppare un istinto per tendere a ciò che si riesce a malapena a ottenere con i propri sforzi più grandi».

La pace, ad esempio. Il costante pacifismo di Einstein fu la manifestazione più evidente della sua intuizione metafisica. I detrattori spesso sottolineano che le sue idee per la pace mondiale sono un perfetto esempio del suo romanticismo utopico. Ma come ha notato molto tempo fa Otto Nathan, amico intimo di Einstein, è stata la sua spiritualità complessa, e non l’ingenuità in politica, a ispirarne l’etica. E nonostante la storia lo abbia portato verso posizioni più pragmatiche («Sì, lo so, non sono più un pacifista incondizionato, ma un pacifista realista», disse al poeta William Hermanns nel 1943, di fronte alla necessità di lottare contro il nazismo), l’ideale della nonviolenza e il rispetto per la vita resteranno centrali nell’esistenza di Einstein, tanto da arrivare ad abbracciare anche gli animali quando – nell’ultimo periodo prima della morte, che lo coglierà il 18 aprile del 1955 – diventerà vegetariano. «La vita è sacra», sosteneva. «È il valore supremo, al quale tutti gli altri sono subordinati».

Affermando che tutti siamo «parte dell’infinito», insomma, Einstein non voleva rivelarci solo un nuovo modo di vedere il mondo, ma qualcosa di più: ci chiedeva di entrare in comunione con il cosmo, di trattare ogni creatura vivente con compassione, di incanalare il potere che permea tutte le cose e di utilizzarlo per scopi puri. Un messaggio in grado di arrivare potente – pur con qualche difficoltà – fino a oggi. E forse, chissà, perfino di viaggiare indenne nello spaziotempo.


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