Egea

In “Senza età”, l’esperto di indagini demoscopiche Diego Martone fotografa con dati aggiornati le generazioni che convivono nel nostro Paese, analizzandone non solo le singole peculiarità ma anche opinioni e relazioni reciproche. Alla ricerca di terreni comuni 

 

Boomers hanno davvero cambiato il mondo? Secondo il giudizio dei Millennials no: predicano bene ma razzolano male, dato che si sono dedicati soprattutto a ciò da cui potevano trarre dei vantaggi per sé e le conseguenze ora ricadono sulle spalle di tutti. Ma da censori ad accusati il passo è breve: la Generazione Z vede nei Millennials una compagine che ha già (quasi) fallito la propria missione di cambiare il pianeta, concentrandosi troppo sul proprio ego, piangendosi spesso addosso e non riuscendo a trovare ancora una dimensione davvero "adulta". Eppure anche gli Zers sono criticati da chi li precede: sarebbero troppo immersi nel “loro" mondo digitale. 
 

Se vi siete mai chiesti che cosa le generazioni pensino le une delle altre, potete trovare una risposta nel libro “Senza età” di Diego Martone. Nel saggio, l’autore – presidente e fondatore di Demia, società di consulenza strategica e ricerche di mercato – condivide una fotografia accurata di Silent Generation, Baby Boomers, Generazione X, Millennials e Generazione Z, indagandone peculiarità, differenze (in termini non solo socio-economici ma anche valoriali) e soprattutto opinioni e relazioni reciproche.  
 

Come si vedono e si giudicano le diverse “coorti” generazionali? Quali sono le più simili e quali le più distanti tra loro? Quali i terreni culturali su cui possono collaborare, coesistere e condividere obiettivi e modalità di azione? Come migliorare le interazioni all’interno degli spazi di lavoro e in tutti i rapporti interpersonali? In che direzione si stanno evolvendo gli approcci al mondo professionale, ai consumi e al risparmio a seconda delle fasce di età? Queste sono solo alcune delle domande a cui il saggio di Martone cerca di rispondere sulla base di dati aggiornati e di prima mano
 

Un’analisi tanto curiosa quanto complessa, con cui è inevitabile fare i conti in un’epoca in cui cinque generazioni si trovano a discutere, a vivere e ad affrontare grandi sfide comuni. E se è vero che – un po’ come i cinque cerchi delle Olimpiadi – ogni “coorte” si interseca con le altre a formare un simbolo, una realtà unica in cui l’unione possa fare davvero la forza, è fondamentale che Stati, aziende e organizzazioni che vogliono farle collaborare comprendano a fondo le specificità di ogni gruppo. In modo da poter orientare i propri sforzi su un nuovo paradigma che passi dalla contrapposizione alla contaminazione, per poi giungere all’"interoperabilitàtra persone. Anche di età molto diverse tra loro. 
 

Se gli sforzi di tutti”, commenta Martone, “si concentrano sullo sviluppo di rapporti armonici di mutuo aiuto e di massima apertura, dove si stigmatizzano e abbattono le barriere e si mira a migliorare le capacità di scambio reciproco in un’ottica di coesistenza e crescita, il corpus generazionale diviene il terreno su cui si può creare unione e non divisione. È chiaro che – considerando gli interessi in gioco, spesso contrastanti –questa visione rappresenta un indirizzo di difficile realizzazione, ma è la strada maestra per tentare almeno di avvicinare, se non conciliare, le generazioni”. 


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