Egea

Nel suo nuovo saggio, Marco Leonardi analizza le scelte della politica italiana ai tempi della crisi e del Pnrr, spiegando perché il Piano rappresenti l’occasione di risolvere uno dei problemi atavici del Paese: l’incapacità di spendere (bene) le risorse a disposizione 

 

Il PNRR? Per l’Italia non rappresenta solo un’enorme quantità di denaro da spendere (191,5 miliardi di euro, per essere precisi) ma anche e forse soprattutto – l’opportunità per un cambiamento strutturale nel modo di funzionamento della Pubblica amministrazione. E, come tale, la leva in grado di rilanciare la capacità di spesa in investimenti ordinari in un Paese che notoriamente non è in grado di utilizzare che una piccola parte dei fondi per lo sviluppo e la coesione europei e nazionali. È l’auspicio che Marco Leonardi, docente di Economia politica all’Università Statale di Milano, condivide in “Partita doppia”, saggio edito da Egea che cerca di analizzare le scelte – passate e future – di un’Italia mai così in bilico tra riforme strutturali sempre più necessarie ed emergenze da gestire.

Già consigliere economico dei governi Renzi, Gentiloni e Conte II, oltre che capodipartimento alla Programmazione economica nell’esecutivo guidato da Mario Draghi, Leonardi concentra l’esperienza maturata al servizio della politica in un saggio con cui mette in guardia chi oggi ha il compito di guidare l’Italia: più che mettere in discussione i presupposti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, occorre concentrarsi sul valorizzarne al meglio l’eredità. Trascurare le riforme strutturali (rimaste ferme al palo durante il governo Draghi a causa della gestione di emergenze come il Covid, la guerra in Ucraina e la crisi energetica, senza considerare i  veti incrociati dei partiti) e lasciarsi andare alla tentazione della spesa pubblica corrente metterebbe a rischio il Pnrr, portando il Paese a perdere miliardi di finanziamenti. E la faccia con tutta l’Europa.

Quel che conta ora”, spiega Leonardi, “è che il governo Meloni non torni indietro sul PNRR per paura di affrontare le riforme in esso contenute e le difficoltà che i Comuni dovranno affrontare per spendere le risorse del Piano. Il presidente Meloni sta infatti in parte seguendo le orme del precedente governo nel suo orientamento sulla guerra ucraina e nella prudenza sui conti pubblici ma d’altro lato su tutta una serie di questioni, compreso il PNRR, sta prendendo una strada radicalmente diversa. Il Piano è ormai ben noto a tutti e non si può dire che riforme e difficoltà di attuazione degli investimenti non fossero ben note fin dall’inizio”.

“È ovvio”, prosegue l’autore, “che i Comuni (soprattutto quelli del Sud) affronteranno difficoltà nell’attuazione ma la disciplina del PNRR deve essere utilizzata proprio per cambiare il funzionamento della PA e rilanciare la spesa per investimento che tanto serve soprattutto al nostro Mezzogiorno. Rinnegare i vincoli del PNRR spostando i progetti sulla programmazione ordinaria dei fondi di coesione può perfino essere popolare presso le amministrazioni che si sentono oberate di responsabilità ma significa rassegnarsi ai soliti ritardi e inconcludenze tipici degli investimenti finanziati sui fondi di coesione nazionali ed europei”.

Le cause della mancata spesa di questi fondi sono note: la ridotta capacità amministrativa delle amministrazioni, il numero elevato di contenziosi, l’eccessiva burocratizzazione delle procedure previste dal codice dei contratti, ma anche il fatto che i termini delle obbligazioni giuridicamente vincolanti siano costantemente prorogati e non vengano quindi percepiti dalle amministrazioni come perentori. Insomma, conta di più mantenere viva la promessa di una possibile opera piuttosto che ritirare il finanziamento.

Insieme alla possibilità di ammodernare le infrastrutture del Paese e di (ri)costruire una società più sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, è proprio questa la più grande occasione offerta dal Piano: secondo Leonardi, infatti, “si conta che gli importanti passi in avanti avviati in ambito PNRR in termini di rafforzamento della capacità amministrativa e del supporto tecnico-operativo alle amministrazioni locali, in particolare di quelle del Sud, dispiegheranno a breve i loro effetti sull’intera gestione delle risorse di investimento. Il modello PNRR, costituito da una metodologia di lavoro per scadenze e risultati, con un cronoprogramma di spesa e di attività definito e misurato tramite specifici obiettivi qualitativi e quantitativi, un monitoraggio proattivo, procedure semplificate e l’impiego di task-force snelle ed efficaci, diverrà l’auspicata prassi amministrativa a cui ispirarsi per la gestione di tutte le risorse pubbliche e per l’esecuzione degli investimenti pubblici.
E forse è questa la vera riforma – una vera e propria rivoluzione – che il PNRR sta contribuendo a realizzare in Italia”.
 


Acquista il libro