Egea

Il noto esperto di cambiamento, influenza e passaparola ci introduce alla scienza del linguaggio e al modo in cui utilizzarlo per motivare, coinvolgere e persuadere gli altri, condividendo le intuizioni senza precedenti prodotte grazie ai recenti progressi tecnologici
 

Come fanno i venditori a convincere i clienti e gli avvocati le giurie? In che modo i cantastorie catturano l’attenzione degli ascoltatori e gli insegnanti persuadono i bambini a dare una mano? Come fanno i fondatori delle startup a ottenere finanziamenti, i musicisti a comporre brani di successo e gli psicologi a scovare un manoscritto shakespeariano senza aver mai neanche letto l’opera?

Docente di Marketing alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania ed esperto di fama mondiale di passaparola, influenza e di come idee, comportamenti e prodotti prendano piede nel mondo, Jonah Berger torna nelle librerie italiane per indagare il potere nascosto delle “Parole magiche” che possono cambiare la nostra vita, con un nuovo saggio tradotto da Egea.

Quasi tutto ciò che facciamo, d’altronde, è legato alle parole. Le usiamo per convincere gli altri, per comunicare idee e per entrare in contatto con le persone care. È così che i leader guidano, i venditori vendono e i genitori fanno i genitori; è così che gli insegnanti insegnano, i politici governano e i medici spiegano. Anche i nostri pensieri più intimi e la nostra identità si basano sul linguaggio. Alcune parole, però, hanno un impatto maggiore di altre: sono più efficaci nel cambiare le menti, nel coinvolgere gli ascoltatori e nell’indurre all’azione. Ma quali sono? E come possiamo sfruttarne il “potere”?
Nel suo libro, Berger ci introduce alla scienza del linguaggio e al modo in cui possiamo utilizzarlo per motivare, coinvolgere e persuadere, condividendo le intuizioni senza precedenti prodotte negli ultimi anni grazie ai progressi tecnologici nel machine learning, nella linguistica computazionale e nell’elaborazione del linguaggio naturale, sommati alla digitalizzazione di qualsiasi cosa, dalle lettere di presentazione alle conversazioni.

Nello specifico, l’analisi di Berger si concentra su sei categorie di “parole magiche”:

- Parole che attivano identità e agentività

- Parole che trasmettono fiducia

- Parole che pongono le domande giuste

- Parole che fanno leva sul potere della concretezza (e, talvolta, su quello dell’astrazione)

- Parole che utilizzano le emozioni

- Parole che sfruttano l’affinità (e le differenze)


Con un approccio narrativo e analitico al tempo stesso, basato sulla narrazione di esempi concreti e sulla spiegazione delle motivazioni scientifiche alla base del loro effetto sulle persone, ogni capitolo del libro si concentra su determinate parole (e, più in generale, sulle strategie comunicative a esse collegate) e su come usarle al meglio. Alcune conclusioni sono semplici, per esempio quella secondo cui è preferibile dire “non lo faccio” invece di “non posso farlo”; molte altre sono più complesse e dipendenti dal contesto.

“Possiamo non esserne consapevoli, ma siamo tutti scrittori”, sostiene Berger. Possiamo non scrivere libri o articoli di giornale e non definirci autori o giornalisti, ma scriviamo comunque. Scriviamo email ai colleghi e messaggi agli amici. Scriviamo relazioni per i capi e prepariamo presentazioni e lucidi per i clienti. Non solo: siamo tutti oratori. Magari non saliamo sul palco davanti a migliaia di persone, ma tutti parliamo in pubblico.  
Ma per essere scrittori e oratori migliori, per comunicare con intenzione e cura, dobbiamo conoscere le parole giuste da usare.  Si sente spesso dire che alcune persone sono particolarmente brave con le parole. Sono persuasive e carismatiche e sembra che sappiano sempre che cosa dire. Quindi tutti gli altri a cui non è toccata in sorte questa dote sono spacciati? Assolutamente no.
Perché essere un grande scrittore o un grande oratore non è un talento congenito ma qualcosa che si può apprendere. Le parole hanno un impatto sorprendente e se capiamo quando, perché e come funzionano possiamo usarle per aumentare anche l’impatto che generiamo noi”.
 


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