Egea


Con l’affermazione dei social e il dominio del digitale, la società liquida si è fatta gassosa. Non resta che imparare a volare: in un nuovo – e folgorante – saggio, il sociologo Francesco Morace ci invita a prendere spunto da alianti, farfalle e colibrì per riappropriarci del futuro



Addio “Modernità liquida”, benvenuta “Modernità gassosa”. A più di vent'anni dall'intuizione di Zygmunt Bauman, che immortalò lo spirito dei tempi di una globalizzazione al suo apice, ecco che il sociologo italiano Francesco Morace rilancia, andando a identificare e presentare – nel suo nuovo libro, edito da Egea – una società sempre più volatile, che evapora sulla spinta dei social media e di una dimensione digitale sul punto di farsi dominante. Nella quale non ci resta altro da fare che imparare a volare (ma non sotto la forma di immobili – e vuoti – “palloni gonfiati”).


Ma perché la realtà è evaporata fino a farsi “gassosa”? Con i social siamo entrati nell’era del consumo di noi stessi: non solo della nostra immagine ma anche di un’esistenza che si polverizza. Con infinite possibilità di scelta a nostra disposizione ci sentiamo liberi come non mai, ma lo sguardo degli altri ci sottopone a una pressione sociale mai vista e il rischio di passi falsi è sempre dietro l’angolo. Nelle storie che raccontiamo e che lanciamo senza rete, l’ego si gonfia e spesso esplode come un pallone gonfiato a dismisura. Il digitale produce nuove opportunità, ma nello stesso tempo rende aleatorio il mondo del lavoro. L’intelligenza artificiale avanza ma anche le sue allucinazioni, e il rischio che ci renda più stupidi è tangibile. Doveva essere un’epoca di pace e ci ritroviamo nel mezzo di conflitti la cui logica ci sfugge.


Se nella modernità liquida – per evitare di inabissarsi – contava la capacità di galleggiamento per seguire la corrente (che conduceva inevitabilmente all’omologazione di massa), la sfida a cui ci chiama la modernità gassosa è più complessa. Per evitare di perdersi, i soggetti sospesi si ritrovano a dover affrontare un continuo temporale (nel doppio significato di “perturbazione atmosferica molto violenta e passeggera” e di “che dura un periodo di tempo limitato”) e devono sviluppare capacità di volo e orientamento in un tempo ridotto.


Ed è qui che arriva il contributo più originale portato da Morace alla riflessione su questi tempi “leggeri”. L’autore analizza le ricadute concrete di uno scenario tanto complesso sulle condizioni di vita di tutti noi, cercando di descrivere le “tecniche di volo” necessarie ad affrontarlo. Quattro sono infatti le dimensioni che emergono dal panorama della modernità volatile, con i loro “princìpi attivi”: lo stato dell’evaporazione e la tendenza di individui e istituzioni a dileguarsi; la condizione della sospensione a mezz’aria e la conseguente spinta a gonfiare i muscoli (e il proprio ego) per uscire da una condizione di spaesamento e irrilevanza; il rischio della contaminazione anche a causa di processi opachi che riescono a insinuarsi senza preavviso nelle nostre vite; infine la dinamica dell’esplosività che attraversa il corpo sociale e lo scuote, portandolo a sollevarsi ma anche ad attivarsi.


A ciascuna di queste condizioni Morace dedica un capitolo del libro, scandagliandone i non solo i lati oscuri ma anche le tante opportunità ad esse connesse e le azioni a cui ci chiamano (alleggerirsi, allenarsi, incontrarsi, attivarsi), necessarie per riuscire a librarsi in volo e affrontare con coraggio lo stato gassoso. Perché restare a terra, ormai, non è più un’opzione per chiunque voglia cercare di avere un ruolo attivo nella costruzione del futuro. E allora possiamo immaginare le traiettorie inaspettate di volo di un aliante o un deltaplano, che riescano a trasformare l’ultralibertà in un’esperienza generativa, memorabile, gratificante. Oppure il volo impollinatore del colibrì, o ancora le figure misteriose disegnate dagli stormi nel cielo; se non il volo di notte nel cielo stellato di cui racconta Antoine de Saint-Exupery, o il battito d’ali di una meravigliosa farfalla, portatrice di grazia e bellezza.


La creatività e il sentire estetico”, commenta Morace, “costituiscono la chiave di volta per risollevare il mondo aleatorio della modernità gassosa. L’umano ha la grande responsabilità di immaginare il futuro e non solo di vivere il presente in modo istintivo come le altre specie animali: non possiamo limitarci a rimanere sospesi, magari gonfiando il nostro ego. Dobbiamo invece affrontare il mondo guardandolo dall’alto della nostra immaginazione, con voli creativi; dobbiamo progettare il futuro sulla base della nostra volatilità, vivendo il presente e rileggendo il passato. Dobbiamo tessere un compromesso con il reale per poterlo sopportare: dobbiamo rappresentarlo, attraverso il respiro delle nostre idee, dei nostri desideri, delle nostre speranze. Ciò significa immaginare dei percorsi, dei processi, delle vere e proprie rotte di volo con le nostre mappe mentali”.


Rinunciare alla progettazione del pensiero”, conclude l’autore, “significa rinunciare al costrutto più umano del nostro esistere per abitare il mondo. Dobbiamo insegnare che cosa significa la qualità poetica della vita e quindi far sentire e far prendere coscienza del sentimento estetico. Perché nel mondo contemporaneo conta non solo l’alta circolazione dell’immagine ma anche e soprattutto l’alta qualità estetica che la sottende: il sentire, o meglio il sentirsi in volo. Non possiamo più sottrarci a questa responsabilità, dileguarci e nemmeno infiltrarci; per governare l’alea gonfiarsi non serve, dovremo piuttosto allenarci e sollevarci in volo, attivarci e decidere il mondo che desideriamo. E combattere per realizzarlo”.



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