In un nuovo saggio, Andrea Illy ci accompagna alla scoperta di un’economia che imita la vita: ciclica, interdipendente, cooperativa. Che non si limiti a ridurre i danni, ma sia in grado di rigenerare il capitale naturale, sociale e umano da cui dipende ogni forma di prosperità.
Il capitalismo contemporaneo ha moltiplicato ricchezza e innovazione, ma ha anche eroso i fondamenti naturali su cui si regge. L’idea che la crescita possa essere infinita in un pianeta finito è una contraddizione logica prima ancora che economica. Il sistema attuale continua a prelevare risorse più velocemente di quanto la biosfera possa rigenerarle, consumando il proprio capitale naturale e trasferendo i costi ambientali alle generazioni future. Il libro “La società rigenerativa” di Andrea Illy nasce da questa consapevolezza: senza rigenerazione non può esserci sostenibilità, perché la sostenibilità, da sola, perpetua l’esistente; la rigenerazione, invece, ne rinnova le basi. Imprenditore e copresidente della Regenerative Society Foundation (associazione nata per promuovere un nuovo modello di sviluppo socioeconomico rigenerativo) Illy condivide il risultato di anni di ricerche e riflessioni spiegando perché sia possibile immaginare – e soprattutto costruire – un’economia che non si limiti a ridurre i danni ma che ricostruisca il capitale naturale di cui oggi abbiamo disperato bisogno.
Le radici del libro affondano nel 2015, quando Illy scopre come entro il 2050 metà delle terre coltivabili a caffè saranno improduttive a causa della crisi climatica. Questa presa di coscienza segna l’inizio di un percorso che lo porta a rimettere in discussione i fondamenti stessi del modo di fare impresa. Quella che nasce come una ricerca tecnica (come salvare una filiera vitale per milioni di piccoli produttori) diventa una riflessione globale sul rapporto tra economia e natura, progresso e limite.
Illy individua le radici di questo squilibrio nella lunga storia del pensiero occidentale. A partire dal Seicento – da Bacone a Cartesio – l’umanità ha progressivamente separato sé stessa dalla natura, trasformandola da realtà vivente in risorsa da sottomettere. Quella rivoluzione culturale, che ha alimentato la scienza moderna e il progresso tecnico, ha generato al tempo stesso un’idea di crescita fondata sull’estrazione e sull’illusione del controllo totale. “La logica estrattiva non si è fermata alle materie prime”, spiega l’autore. È diventata la grammatica profonda del capitalismo contemporaneo, la sua sintassi nascosta. Dove l’estrattivismo prende, impoverisce, riduce, la rigenerazione dà, arricchisce, complessifica”.
Ribaltare questo paradigma non significa tornare indietro o rinunciare allo sviluppo, ma ridefinire il significato stesso di progresso. Il modello rigenerativo integra la logica economica con quella biologica: misura il successo non solo in termini di profitto, ma anche in base alla capacità di un sistema di ripristinare i propri equilibri ecologici e sociali. È un’economia che imita la vita: ciclica, interdipendente, cooperativa.
Il libro affronta questa trasformazione su tre piani intrecciati.
Il primo è quello dell’impresa rigenerativa, che non si limita a “fare meno male”, ma agisce come forza positiva di rigenerazione: un’impresa che crea capitale naturale e sociale, genera occupazione dignitosa, distribuisce valore lungo la filiera. La rigenerazione diventa così una nuova forma di competitività, fondata su innovazione, efficienza e lungimiranza.
Il secondo piano riguarda le partnership tra pubblico e privato, che dovrebbero diventare simbiotiche e non parassitarie: dove il settore pubblico crea le condizioni abilitanti – leggi, incentivi, infrastrutture – quello privato porta innovazione, efficienza, capacità di moltiplicare.
Il terzo è l’applicazione settoriale: ogni industria ha bisogno della sua via verso la rigenerazione, ma tutte devono essere interconnesse. Così come il settore energetico non può decarbonizzare ignorando l’impatto sui materiali, la finanza non può allocare capitale senza considerare i rischi climatici; né la moda può produrre abbigliamento sfruttando manodopera e devastando ecosistemi.
Non si tratta di utopie, e nemmeno di buoni auspici impossibili da mettere in pratica. A dare concretezza a questa visione sono le esperienze raccontate nel volume dalla voce di imprenditori, studiosi e scienziati provenienti da mondi diversi ma accomunati dalla convinzione che la rigenerazione non sia un costo, ma un investimento in competitività, resilienza e senso: dalle filiere agricole rigenerative alla chimica verde; dalla finanza responsabile alle città progettate come ecosistemi che tengano le persone al centro.
Illy intreccia queste testimonianze con un’analisi sistemica che unisce scienza della complessità, economia ecologica e visione manageriale. Le sfide ambientali e sociali non sono, sostiene, problemi isolati, ma manifestazioni di un’unica crisi di sistema. La soluzione non può essere lineare: occorre una visione di lungo periodo, capace di integrare dati, cultura e responsabilità. E, soprattutto, di adattarsi continuamente, proseguendo verso la direzione desiderata anche durante la tempesta. “Abbiamo costruito un sistema economico che non tollera le correzioni di rotta” scrive. “La rigenerazione potrebbe essere una scommessa esistenziale oltre che una strategia razionale: scommettere sulla stessa creatività che ci ha portati sull’orlo del precipizio per trovarci una via d’uscita”.
L’autore invita a riconoscere che la rigenerazione non è solo un obiettivo ambientale, ma un progetto culturale. La crisi, afferma, non è solo ecologica ma narrativa. Viviamo in un tempo privo di grandi storie comuni e di valori condivisi. La rigenerazione, allora, diventa anche una nuova mitologia del futuro, capace di unire economia, etica e bellezza.
“Evitare il collasso della civiltà richiede necessariamente un pensiero da costruttori di cattedrali medievali”, riflette Illy. “Quegli architetti sapevano che stavano gettando le fondamenta per un edificio che avrebbero visto completato, nella migliore delle ipotesi, i loro nipoti. È un progetto multi-generazionale che richiede una varietà di competenze e talenti che nessuna singola persona può possedere, e dobbiamo lavorare instancabilmente verso un mondo che ancora non riusciamo a immaginare completamente, sapendo che le soluzioni tecniche continueranno a evolversi a velocità sempre maggiore”.
È la metafora della società rigenerativa: un sistema che costruisce valore nel tempo lungo, in equilibrio con la terra e le generazioni future. “Il tempo è adesso”, conclude Illy. “Come tutte le necessità storiche, prima sembra impossibile, poi diventa inevitabile. Il nostro compito è accorciare il tempo tra questi due momenti.”