Paolo Iacci offre una guida pratica per affrontare la trasformazione del mondo del lavoro. Un cambiamento che parte dalle persone, serpeggia tra le scrivanie, nei colloqui di selezione e nelle chat dei team. E che nessuna organizzazione può più permettersi di ignorare.
Non sono solo i grandi scandali a scuotere le aziende, ma anche quel silenzio che si insinua tra scrivanie e computer (che si trovino in ufficio o a casa, poco importa), nei colloqui di selezione e nelle chat dei team. Nonostante in molti si ostinino a fare finta di non vederla, nel mondo del lavoro c’è una profonda trasformazione in corso, e sta sovvertendo gli equilibri di potere tra professionisti e organizzazioni: se un tempo, infatti, erano le persone a inseguire le imprese, oggi sono le imprese a rincorrere i talenti.
Eppure, la risposta delle aziende non sempre si dimostra all’altezza delle nuove sfide: silenzio organizzativo – quel fenomeno in cui i collaboratori smettono di esprimersi e si rifugiano in un disimpegno – dimissioni, quiet quitting e un senso di apatia diffusa ne minano alla radice competitività e capacità di innovazione. Ad alimentarli, i “soliti” problemi irrisolti, diventati sempre più ingombranti: mancanza di ascolto, salari stagnanti, e una sfiducia crescente (solo il 50% degli italiani si fida delle imprese) dovuta alla disconnessione tra valori dichiarati dalle imprese e pratiche reali. Nasce da qui “La rivoluzione silenziosa” che Paolo Iacci - docente di Gestione delle risorse umane all’Università degli Studi di Milano e tra i massimi esperti italiani di organizzazione e lavoro – analizza in un nuovo libro, edito da Egea, cercando di capire cosa succeda quando sono le persone a ridisegnare le regole del gioco. E come le imprese possano adattarvisi per tornare a guidare – insieme? – il cambiamento.
Alla base della “rivoluzione” descritta da Iacci c’è il ribaltamento del patto psicologico tra lavoratori e organizzazioni. La fedeltà a lungo termine, che aveva caratterizzato il Novecento, lascia il posto all’“employability”, la capacità di restare competitivi in un mercato in continuo cambiamento. Le aziende non possono più promettere stabilità, ma devono offrire opportunità di crescita, ascolto e senso di appartenenza. In quest’ottica i dati sono allarmanti: solo l’8% dei lavoratori italiani si definisce coinvolto dalla propria attività, mentre il 41% è attivamente alla ricerca di un nuovo impiego. Il 15% dei lavoratori si dichiara apertamente ostile alla propria azienda, e solo un terzo afferma di avere fiducia nei leader della propria organizzazione.
“La vera rivoluzione”, spiega Iacci, “è quella portata avanti da chi non si accontenta più di trovare un impiego che soddisfi solo le proprie necessità economiche. Il successo non è più solo nei numeri, ma nell’abilità di far sentire le persone parte di un progetto più grande, in cui ogni contributo, grande o piccolo, possa avere un impatto.”
In questo scenario, affidarsi a slogan e iniziative “spot” non paga, anzi: la lealtà si costruisce ogni giorno, attraverso la fiducia reciproca e la valorizzazione delle persone. Un processo costante, insomma, e un approccio olistico, che secondo Iacci si può – si deve? – declinare in diverse aree di azione. Vediamone alcune insieme:
Meno welfare, più engagement
Nessuno vuole rinunciare a benefit e incentivi materiali, ma non bastano: le aziende dovrebbero puntare su un coinvolgimento autentico, fondato su ascolto – anche e soprattutto delle voci più deboli – riconoscimento e senso di appartenenza.
La rivoluzione silenziosa nel recruitment e nella selezione
I processi di selezione devono essere ripensati: oggi sono i talenti a scegliere le aziende, e quando queste non gli vanno a genio non si fanno problemi a sparire (il termine “ghosting” vi dice qualcosa?). Iacci sottolinea l’urgenza di valorizzare sia i giovani sia i lavoratori senior, e di costruire relazioni solide con i candidati già dalle prime fasi, comunicando i propri valori in modo autentico e a costruendo processi di selezione più umani, trasparenti e rapidi.
Comunicazione interna e change management
La comunicazione interna non è più solo un supporto, ma una leva strategica per il successo organizzativo. In tempi di cambiamento continuo, la capacità di coinvolgere, informare e ascoltare i collaboratori diventa cruciale per superare resistenze, ridurre il silenzio organizzativo e favorire l’innovazione, promuovendo una cultura della trasparenza e della partecipazione.
Benessere psicologico e engagement
Oltre il 50% degli italiani dichiara di provare malessere psicologico, con punte di solitudine e stress tra i giovani e chi lavora da remoto: il benessere non è più un lusso, ma una priorità strategica, e si costruisce con azioni concrete che favoriscano la flessibilità, la formazione continua e la sicurezza psicologica, che consiste nella possibilità di esprimere idee e preoccupazioni senza timori.
Senior talent management e nuove sfide demografiche
Mentre denatalità ed emigrazione riducono il bacino di giovani, le aziende devono imparare a valorizzare i lavoratori over 50. Alcune imprese hanno gestito questa necessità introducendo flessibilità oraria e formazione continua per i senior, riducendo l’assenteismo e aumentando la soddisfazione. Altre strategie per il senior talent management sono il recruiting mirato, percorsi di carriera flessibili, formazione continua e programmi di mentoring intergenerazionale.
Emergenza salari e produttività
Dal 2000 al 2023, la produttività in Italia è cresciuta, ma i salari reali sono rimasti al palo: oggi milioni di lavoratori guadagnano meno di 9 euro lordi all’ora. E, senza salari dignitosi, la coesione sociale è a rischio. Iacci analizza le cause di questa stagnazione e propone riforme che vanno dalla contrattazione collettiva alla lotta al lavoro nero, passando per la digitalizzazione e la semplificazione burocratica.
Flessibilità, orario di lavoro e benessere
Settimana corta, ferie illimitate e smart working: la flessibilità si sta affermando in molte aziende, favorendo il raggiungimento di un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata. Per gestire la transizione al meglio, Iacci suggerisce di non muoversi sulla scia delle mode del momento, ma di strutturare modelli solidi. Come? Investendo in formazione manageriale e digitale, superando la logica del controllo e promuovendo una cultura della responsabilizzazione, misurando l’impatto delle iniziative non solo in termini di costi ma anche di benessere e motivazione.
Al di là delle singole misure, però la vera rivoluzione nasce dall’ascolto e dalla valorizzazione di ogni voce. Non è più tempo di comando dall’alto e obbedienza cieca: le aziende che prosperano sono quelle che costruiscono spazi di dialogo, fiducia e partecipazione. In un’Italia che cambia, la sfida è orchestrare il cambiamento, trasformando ogni crisi in un’opportunità di crescita collettiva.