Egea

Sul ponte di comando dell’Unione Europea durante le tre grandi crisi degli ultimi 15 anni, Marco Buti ripercorre il percorso intellettuale, politico ed economico che ha portato la Ue a cambiare volto e ad assumere una visione più lungimirante e coraggiosa dell’integrazione.


L’Europa sarà forgiata nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni adottate per queste crisi”. A rileggerle oggi – dopo la crisi finanziaria e del debito sovrano, la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina – le parole di Jean Monnet si circondano di un’aura profetica, ma il loro valore è sempre stato chiaro agli occhi di chi l’Europa unita ha sempre cercato di costruirla o di mantenerla compatta. Tra i pochissimi policy maker europei e internazionali ad aver attraversato nel suo ruolo istituzionale le tre crisi che hanno colpito il Vecchio Continente negli ultimi quindici anni, Marco Buti è uno di loro e decide di condividere la propria esperienza “sul ponte di comando” della politica economica Ue in un saggio che è “qualcosa di più e di meno allo stesso tempo” di un libro di memorie, rappresentando invece il tentativo di rispondere a una domanda cruciale: “Jean Monnet aveva ragione?”.

Arricchito dalla prefazione di Ignazio Visco e dalla postfazione di Mario Monti, il saggio edito da Bocconi University Press raccoglie il contributo di Buti – per 11 anni alla guida DG ECFIN e dal 2019 Capo di gabinetto del Commissario Ue per l’Economia, Paolo Gentiloni – al dibattito economico e politico europeo, tracciando il percorso intellettuale che ha portato l’Unione alla progettazione e all'attuazione di politiche difficili e riforme controverse. Quel che ne emerge è una nuova bussola che aiuta a comprendere con maggiore chiarezza le strategie di politica economica dell’Ue.
Secondo Buti, il progresso dell’integrazione europea durante le grandi crisi degli ultimi anni deve tanto agli ideali e alle qualità dei leader europei, quanto alla convinzione condivisa che fosse questa l’unica strada da percorrere per preservare l’esistenza dell’Unione. La decisione del Regno Unito di ritirarsi dall’UE, dopo il referendum del giugno 2016, ha dimostrato che il potenziale pericolo di disintegrazione europea era fin troppo reale.

Tuttavia, auspica l’autore, la pressione dovrebbe portare a decisioni coraggiose e a progressi duraturi nell’integrazione europea e non all’assillo di minacce permanenti alla sua esistenza e a decisioni prese sempre come extrema ratio. È questa l’intuizione di Monnet, tra i padri fondatori dell’Unione, che ispira il titolo del libro. Ma il punto di domanda finale posto da Buti indica che non sempre la risposta data dall’Ue alle crisi ha superato quello che chiama il “test di compatibilità di Jean Monnet”, che richiede coerenza economica (reazioni appropriate sul piano delle politiche economiche), coerenza istituzionale (azione condotta al livello di governo appropriato) e coerenza politica (capacità di mantenere il supporto dei cittadini).

Nel saggio, Buti sostiene che l’UE non ha soddisfatto pienamente questo test quando ha gestito la crisi finanziaria del 2008, mentre ha avuto successo quando ha dovuto affrontare la pandemia. Un nuovo test ha avuto inizio con lo scoppio della guerra e la conseguente crisi energetica: secondo l’autore, aumentare l’offerta di beni pubblici europei (BPE) sarà la chiave di volta per soddisfare oggi il test di compatibilità di Monnet.

La Commissione”, commenta Buti, “ha assunto un atteggiamento proattivo nel rinnovare il proprio ruolo e nell’assumere una visione lungimirante dell’integrazione economica e monetaria. Nel farlo, ha subito un’enorme trasformazione. Rispetto a quindici anni fa, il braccio economico della Commissione è passato da un ruolo macro-fiscale basato sui comitati a quello di un attore più sicuro di sé, impegnato nella governance globale, presente nei dibattiti economici e politici e più legato alle realtà politiche e sociali. La sua azione si è notevolmente ampliata, grazie all’estensione della sorveglianza economica, al lavoro sui programmi di assistenza finanziaria e al nuovo ruolo del sostegno agli investimenti. La direzione impressa alla risposta economica dell’UE alla pandemia, il programma Next Generation EU, rappresenta potenzialmente un salto di qualità nell’integrazione europea. Resta da vedere se, nell’affrontare le implicazioni economiche, sociali e geopolitiche della guerra e della crisi energetica, lo slancio dimostrato sarà mantenuto”.
 


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