L’IA corre, ma l’Italia tentenna: il nuovo volume di Stefano da Empoli e Luca Gatto propone un percorso completo per accompagnare le imprese del nostro Paese – PMI in primis – nell’inserimento efficace e responsabile dell’intelligenza artificiale nei propri processi.
L’intelligenza artificiale non è più un orizzonte lontano, ma una realtà che sta trasformando radicalmente i mercati, la produttività e la governance d’impresa. Non tutte le imprese italiane, però, sembrano averlo compreso. O, comunque, non hanno ancora iniziato ad agire per adattarsi al nuovo contesto. Come recuperare il terreno (già) perduto senza commettere passi falsi? Nel volume “Intelligenza artificiale e competitività – Guida operativa per le imprese”, Stefano da Empoli, presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com), e Luca Gatto, senior manager di SACE e docente alla Luiss Business School, offrono una guida strutturata all’adozione consapevole dell’IA nel sistema produttivo del nostro Paese.
Il testo si distingue per l’impostazione rigorosa e operativa: un framework in otto passaggi che accompagna imprenditori e manager lungo tutte le fasi di introduzione dell’intelligenza artificiale. Dalla conoscenza delle tecnologie alla valutazione dei rischi, dall’etica alla gestione delle persone, fino alla sostenibilità e all’internazionalizzazione, il modello offre una visione integrata delle dimensioni tecnologiche, organizzative e strategiche. Un approccio olistico reso possibile grazie ai contributi di esperti operanti in diversi campi: Francesca Rossi, Ernesto Belisario, Stefano Besana, Rita Cucchiara, Alessandra Poggiani, Raniero Romagnoli, Valeria Sandei e Armando Sternieri.
L’approccio proposto dagli autori parte da una constatazione: la competitività futura del Paese dipenderà dalla capacità di rendere sistemica la trasformazione digitale, superando l’attuale ritardo nell’adozione dell’IA. In Italia, solo il 27% delle imprese con almeno 20 dipendenti utilizza strumenti di intelligenza artificiale, ma quelle che lo fanno registrano in media un incremento dei ricavi del 12%. Se il 60% delle aziende adottasse l’IA entro il 2030, il valore aggiunto complessivo per il sistema produttivo italiano potrebbe superare i 1.299 miliardi di euro.
Il libro analizza le condizioni necessarie per raggiungere questo traguardo: competenze adeguate, investimenti mirati, politiche industriali e un ecosistema di supporto che includa istituzioni, università e attori finanziari.
“Guardando al contesto italiano”, riflette Gatto, “è essenziale valutare se e come l’IA possa essere adottata dalle PMI, vero motore del nostro sistema economico-industriale, cercando di evidenziare le sfide e opportunità. A livello internazionale, emerge una forte correlazione tra dimensione aziendale e utilizzo dell’IA: le grandi imprese la adottano più facilmente grazie a economie di scala, maggiori risorse e capacità di attrarre talenti, sebbene spesso restino in fase sperimentale.
In Italia, la maggioranza delle imprese non usa l’IA, principalmente perché non sa come integrarla nei processi. Nonostante i ritardi, esistono punti di forza che potrebbero favorire le PMI italiane: la flessibilità organizzativa, che riduce i tempi decisionali; la tradizione di personalizzazione e creatività dei prodotti; la centralità del B2B, meno esposto a vincoli di marketing e privacy; la cultura della «co-opetition» tipica dei distretti industriali; e la riduzione delle barriere tecnologiche grazie al cloud e alla GenAI”.
La guida approfondisce anche gli aspetti regolatori e di governance, da un lato analizzando la compliance all’AI Act europeo, la gestione dei dati e i modelli di risk management, dall’altro fornendo indicazioni operative per integrare l’etica e la sostenibilità nelle strategie aziendali. L’obiettivo è aiutare le imprese a fare dell’intelligenza artificiale non solo uno strumento tecnologico, ma una leva di valore e di competitività sistemica.
Il volume si chiude con un’analisi empirica sullo stato dell’adozione dell’IA nelle PMI italiane, condotta in collaborazione con I-Com e Confindustria. I cui risultati sono chiari: oltre l’86% delle imprese che hanno già introdotto soluzioni di intelligenza artificiale ne valuta l’impatto come positivo o molto positivo, in termini di efficienza, innovazione e apertura ai mercati internazionali. Un buon punto di partenza, da cui cominciare a correre.
“L’opportunità offerta dall’IA all’Italia e alle sue imprese e ai suoi lavoratori è duplice”, sottolinea da Empoli. “Da un lato c’è l’esigenza, più che altrove, di recuperare tassi di crescita della produttività più elevati dell’ultimo trentennio, anche per puntare a una dinamica salariale che faccia riguadagnare il tempo perduto. Dall’altro, non bisogna certo dimenticare che tutti gli scenari ci dicono che da qui alla fine del secolo, a parità di domanda di lavoro, non sarà possibile soddisfare le esigenze delle imprese, anche considerando una moderata immigrazione. Per questi due motivi, fatto non sufficientemente sottolineato, le potenzialità dell’IA sono perfino superiori da noi rispetto ad altri Paesi”.