Egea


 

Il mondo è tutt’altro che piatto: in un nuovo saggio, Marco Percoco ci accompagna in un viaggio tra teorie, dati e storie – ma soprattutto luoghi –  che mostra come lo spazio, i territori e le comunità siano il vero motore dello sviluppo (e delle disuguaglianze).


Qualche anno fa Thomas Friedman, opinionista del New York Times, sosteneva che la riduzione dei costi di trasporto e comunicazione avrebbe reso il mondo piatto: in un simile scenario, la distanza sarebbe diventata quasi irrilevante e la scelta di dove vivere, lavorare o fare impresa sarebbe stata indifferente. Ma la realtà che osserviamo ogni giorno è radicalmente diversa: alcune città e territori diventano sempre più grandi e centrali, mentre altri si marginalizzano. “Il potere dei luoghi” che dà il titolo al nuovo libro di Marco Percoco, edito da Egea, sembra insomma più vivo che mai e la geografia si prende una rivincita insperata. Comprenderne i meccanismi è fondamentale non solo per capire l’Italia, ma anche i grandi cambiamenti che attraversano Europa, Stati Uniti e i paesi in via di sviluppo. Dalla doppia elezione di Trump alla Brexit, dalla desertificazione africana all’impatto dell’unificazione post-Muro di Berlino sulla Germania attuale, la prospettiva territoriale è la chiave per leggere i fenomeni che plasmano il mondo contemporaneo.
 
Per decenni, la teoria dell’equilibrio economico spaziale ha suggerito che le persone si sarebbero spostate verso i luoghi più vantaggiosi, riequilibrando così le opportunità tra territori. Ma oggi, questo modello mostra tutti i suoi limiti: invece di favorire uno sviluppo armonico, la mobilità interna rischia di svuotare le aree più fragili e di concentrare risorse e capitale umano nei poli già forti. L’esempio italiano è emblematico: le migrazioni dal Sud al Nord hanno sì favorito l’integrazione e la crescita delle città settentrionali, ma non hanno risolto i problemi strutturali del Mezzogiorno, che si è spesso impoverito ulteriormente. Anche le infrastrutture, spesso considerate la soluzione magica, non sempre portano benefici diffusi: l’Autostrada del Sole, pensata per unire e sviluppare il Paese, ha finito per rafforzare la centralità delle aree già dinamiche, accentuando la polarizzazione.
 
L’Italia, secondo Percoco, è un “laboratorio formidabile” per capire come il rapporto tra territorio e comunità plasmi lo sviluppo e perciò invita il lettore in un viaggio tra alcuni luoghi emblematici dello Stivale.
 
Il Monte Rosa, ad esempio, dove la storia della comunità walser offre una lezione di resilienza: isolati per secoli da condizioni climatiche e geografiche difficili, i walser hanno sviluppato un forte capitale sociale e istituzioni autonome, prosperando grazie alla cooperazione e all’adattamento. Alla Val d’Agri, in Basilicata, è toccato un destino opposto. Qui, l’arrivo dell’estrazione petrolifera avrebbe dovuto portare benessere e sviluppo. Invece, la ricchezza prodotta è rimasta concentrata, la qualità della vita locale non è migliorata come previsto e le aspettative di riscatto sono state spesso disattese. La Val d’Agri diventa così il simbolo di come le risorse naturali, senza una strategia attenta alle specificità locali e alle reti sociali, rischino di trasformarsi in una “maledizione” piuttosto che in un’opportunità.
 
Il viaggio prosegue tra diversi territori il cui destino è stato foggiato dall’adozione di determinate politiche pubbliche. Matera, un tempo simbolo di miseria e oggi patrimonio UNESCO, dimostra come l’intervento pubblico e le politiche mirate possano restituire dignità abitativa e infrastrutture, trasformando i “sassi” da luogo di esclusione a modello di rinascita. Il confronto con le baraccopoli urbane contemporanee è illuminante: la mancanza di diritti di proprietà e di investimenti collettivi perpetua condizioni di degrado, mentre politiche lungimiranti possono innescare processi virtuosi.
La storia di Torino, invece, è raccontata come quella di un laboratorio di integrazione e crescita urbana. Nel Novecento la città ha saputo accogliere ondate di migranti interni, diventando un esempio di sviluppo guidato dalla presenza di grandi imprese come la Fiat. Un’integrazione che non è stata priva di tensioni: la stratificazione sociale, la creazione di nuove periferie e la necessità di servizi hanno richiesto politiche urbane innovative e una costante capacità di adattamento.
Pur partendo da condizioni opposte, insomma, Matera e Torino dimostrano che il successo di un territorio dipende comunque dalla capacità di attivare risorse locali e di saper rispondere con strategie mirate alle sfide che il tempo ci pone davanti.
 
In quest’ottica, il viaggio di Percoco si conclude con un invito chiaro: superare le politiche “space-blind”, uguali per tutti, e riconoscere che ogni territorio ha una propria storia, un proprio capitale sociale e una propria capacità di rispondere alle sfide della modernità. Solo così, sostiene l’autore, è possibile costruire strategie efficaci, inclusive e sostenibili, capaci di migliorare davvero la qualità della vita e di ridurre le disuguaglianze proprio là, dove si manifestano.
 
La gestione strategica dei territori, purtroppo, non ha ricette in grado di trasformare magicamente luoghi
poveri e remoti in luoghi ricchi e centrali, ma proprio qui sta il messaggio finale di questo libro”, spiega Percoco. “Ogni territorio ha una propria geografia economica e umana che lo rende se non unico in senso assoluto, almeno più complesso del mero spazio di cui è fatto. Gestire economicamente un territorio non significa più solo creare nuovi posti di lavoro con una politica mindustriale sperabilmente efficace. Una visione moderna deve accompagnarsi a una gestione strategica delle risorse attivabili, dal capitale umano a quello imprenditoriale e naturale”.
 
“Lo sviluppo di un luogo ha una grande varietà di dimensioni”, conclude l’autore, “che spesso prescindono dal mero reddito. La moderna politica economica locale dovrà mettere al centro delle proprie azioni la complessiva qualità della vita della popolazione, riconoscendo la pluralità di bisogni della persona, vero elemento irriducibile da porre al cuore di qualsiasi strategia”.



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