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Una nuova economia perché i luoghi non restino indietro

30/10/2024

Dagli anni Settanta il consenso occidentale in materia di politica economica si basa sul presupposto che qualsiasi area povera troverà un modo per progredire grazie alle forze di mercato. Ma non è così.

“Le persone sono legate ai luoghi dove sono nate, e sentono di appartenere alle comunità di origine. Io stesso ho lasciato la città in cui sono nato, Sheffield, perché non offriva molte opportunità, ma sono arrivato alla conclusione che non è giusto che le persone siano costrette ad affrontare la stessa scelta. In Gran Bretagna per esempio solo Londra offre davvero delle opportunità, ma è un modo stupido di gestire l’economia, altamente inefficiente.
Gli affitti sono altissimi, la città è sovraffollata: sono tanti a voler scappare, mentre i privilegiati non hanno alcuna idea di come vive il resto della società”.

In questa risposta a una domanda di Rosaria Amato – giornalista de La Repubblica – c’è molto del pensiero su cui Paul Collier ha costruito il suo ultimo libro, “Poveri e abbandonati”: spesso, infatti, le nostre economie sembrano non guardare in faccia a nessuno mentre lasciano che sia il mercato ad autoregolarsi e a risolvere i problemi (che talvolta esso stesso ha creato).
Eppure delle visioni – e delle soluzioni – alternative esistono, e potrebbero dare vita a “una nuova economia per i luoghi lasciati indietro” di tutto il mondo. Che si trovino nei Paesi più poveri, “in via di sviluppo”, o nelle zone degradate degli Stati più ricchi.

Qui l’intervista completa, pubblicata da Affari&Finanza de la Repubblica >>

Photo iStock / 1a_photography