Egea
Sotto il segno dell'ignoranza

Quando l’«uno vale uno» decade in «uno qualsiasi vale uno», la competenza perde il suo valore ed è lasciato campo libero alla dittatura dell’ignoranza


In Italia vige la dittatura dell’ignoranza: da decenni è in atto un lento ma progressivo processo di degrado che ha marginalizzato il merito e che sta premiando persone prive delle competenze necessarie per ricoprire gli incarichi che occupano. I problemi del Paese sono sotto gli occhi di tutti - debito pubblico, disuguaglianza sociale, scarsa competitività del sistema produttivo, evasione fiscale sono solo alcune delle questioni più pressanti -, il futuro è incerto e i sentimenti che caratterizzano gran parte della società italiana sono incertezza, sfiducia, disincanto. Eppure, proprio in questo momento di estrema complessità, la fetta della classe dirigente più colta e preparata non riesce a riscuotere la fiducia dei concittadini e l’astio verso i tecnici e gli esperti è ormai culturalmente maggioritario nel Paese. Nell’opinione pubblica si fa strada la convinzione che la competenza sia una caratteristica ininfluente se non fastidiosa, e nel frattempo il dominio incontrastato dell’ignoranza tiene bloccato il Paese in uno stato di inazione. Ma quali sono le cause che contribuiscono a trasformare l’ignoranza da limite a motivo di vanto?
Secondo Paolo Iacci, l’affermarsi della dittatura dell’ignoranza è dovuto a diversi elementi.
Innanzitutto, la trasformazione del modello di famiglia, che da tradizionale-normativo (la relazione affettiva era il mezzo con cui i genitori trasmettevano ai figli i limiti e le responsabilità del mondo adulto, come il lavoro, il dovere e la competenza) passa a materno-relazionale. Oggi il bambino va prima di tutto capito e accompagnato nell’espressione di sé e della propria creatività: ciò lo porta forse a sentirsi più rispettato nelle proprie esigenze, più tutelato e meno incline alla ribellione, ma allo stesso tempo questo ritarda la sua presa in carico dei problemi connessi all’entrata nel mondo adulto. In definitiva, si assiste a un abbassamento delle aspettative da parte degli adulti che hanno un ruolo nel processo di crescita dei giovani.
A questo si collega anche il ruolo della scuola, che da anni vive un processo di lento, ma progressivo degrado. Incapace di produrre istruzione (basti vedere ai risultati dei test Invalsi) e ancor più scarsa educazione, essa sta perdendo anche la tradizionale capacità di garantire opportunità occupazionali e di funzionare come strumento di avanzamento sociale: l’ascensore sociale si è fermato, l’aver studiato non paga più in termini occupazionali e allora a che serve faticare sui libri?
Lo strapotere dell’ignoranza e dell’incompetenza è poi strettamente connesso con la mancanza di desiderio e con l’assenza di un’idea forte di futuro. La voglia di crescere e di migliorarsi è sempre stata una caratteristica fondante dell’essere umano, ma oggi sembra essersi persa. Il futuro non ci appartiene, si cerca di vivere al meglio il presente, unico ambito che ci è dato.
Un altro elemento fondamentale è infine rappresentato dall’enorme e repentina diffusione di internet: se da un lato la rete offre un’enorme opportunità di sviluppo culturale, aggiornamento, comunicazione, dall’altro favorisce un’informazione veloce e superficiale, che induce alla massima semplificazione del ragionamento. Grazie alla tecnologia, la conoscenza è a portata di clic: la gente è messa sempre nella condizione di poter apprendere ciò che serve quando è necessario. E se potenzialmente tutti già sanno tutto, nessuno ha più la necessità di stare in silenzio a imparare. La rete finisce così per fornire un meraviglioso megafono a una moltitudine di persone incompetenti, che alimentano la diffusione di fake news - derivanti spesso da una banalizzazione e scorretta interpretazione della realtà – , difendendole con toni aggressivi o addirittura offensivi (grazie anche all’anonimato offerto dallo schermo).
Lo scenario che abbiamo davanti sembra sconfortante, ma una via d’uscita esiste. “Laddove il Paese ricomincia a ragionare in famiglia, nelle scuole, sui luoghi di lavoro, nella società civile, tra i giovani – sostiene Iacci - si riscopre il valore del merito, della professionalità e del sapere”. Se vogliamo ridare vita e slancio al nostro paese, il primo passo è allora eliminare il diffuso strapotere dell’ignoranza.
Il saggio si conclude con un dialogo tra l’autore e Umberto Galimberti, che offre la sua visione sui temi trattati nel libro.

 

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